29 giugno 2009

Come agnello nel kebab



(Valerio Millefoglie - 14 Gocce di Valium)

26 giugno 2009

The good, the bad and the ugly

FiuFiuuu WaWaWa
FiuFiuuu WaWaWa

FiuFiiiii WaWaWaWaaa

FiuFiiiii WaWaWaaa

Avevo 17 anni e cercavo di occupare la scuola, quando uno del collettivo, più grande di me di un paio d'anni, per la prima volta mi ha chiesto di prestargli la catena della bicicletta. Per picchiare i fascisti, mi ha detto. Io ritenevo fosse una nobile causa, picchiare i fascisti e gliel'ho prestata senza fare un plissè. Poi ho passato la giornata accucciata sui banchi davanti all'entrata per fare servizio d'ordine: io e il mio metro e sessanta avevamo deciso di diventare i katanga del liceo-ginnasio. Mi sentivo pericolosa e importante. Invece ero solo molto magra, senza possibilità di esprimere la mia preferenza alle elezioni e con un mal gestito amore per l'umanità tutta. Quando raccontai l'episodio a casa mia madre alzò un sopracciglio con una risatina isterica. E basta. Il mio afflato rivoluzionario distrutto da una smorfia. La verità è che non avevo ben chiaro chi fossero questi fascisti e tantomeno dove si trovassero effettivamente. Quel che è certo è che, se c'erano, non entrarono mai in contatto con la catena della mia bicicletta. Nè quella volta, nè le successive. E forse non erano davvero alla nostra portata, i fascisti pericolosi, all'alba del nuovo millennio, nè era davvero pericoloso dormire in un liceo occupato quando l'unica preoccupazione effettiva era fare in modo di finire nel sacco a pelo del giovane rivoltoso carino. Me ne rendevo conto, che, più che ad una barricata del '48, la situazione in cui c'eravamo cacciati somigliava ad un campeggio collettivo al chiuso e senza ragni. Ma ero davvero convinta che l'articoletto sulle occupazioni decembrine pubblicato nelle pagine di Milano dopo lo sciopero dei tranvieri contribuisse a cambiare, non dico il mondo, ma almeno la città. Ero davvero consapevole che quel pathos concitato non si sarebbe mai più presentato con la stessa forza. Non ero ancora uscita dall'adolescenza e già vivevo nel ricordo delle esperienze che stavo facendo.
La settimana scorsa avevo 21 anni quando, guardando qualche sampietrino divelto dietro Piazza Fontana, ho pensato, con un'associazione mentale dura a morire, che passa dal lastricato milanese, all'elogio alla parabola del sampietrino di Andrea Bellini, alla catena della mia bicicletta, "Quanto potevo essere stupida?". E forse era davvero stupida e leggera, la me di qualche anno fa. Ma comincio ad essere sicura che sia stato quel compulsivo attivismo politico minorenne e privo di cognizione di causa a permetterci di diventare, magari non migliori, ma sicuramente più belli. E il Bello, ce l'ha insegnato Platone quando cercavamo fascisti immaginari, è ad un tiro di sampietrino dalla Verità.

17 giugno 2009

Cose e altro

- Come sta Mark?
- Benissimo - Len alzò le spalle.
- Che racconta di sé?
- Ieri sera ha detto che non avrebbe più sputato.
- Sono contento di sentirtelo dire.
- E io sono contento di poterlo dire.
- Cosa avrà da sputare tutto il tempo?
- Beh, gli piace farsi una bella sputata ogni tanto.
- Sì, ma su cosa sputa, o non sputa, in questo momento? - chiese Pete.
- Sul mio Maestro.
- Chi?
- Cristo. Gesù Cristo.

(H. Pinter - I nani)

8 giugno 2009

Il sacrificio della patria nostra è consumato


No. Niente rimpianti. Forse anche allora molti avevano aperto le ali senza essere capaci di volare…come dei gabbiani ipotetici.
E ora? Anche ora ci si sente come in due. Da una parte l’uomo inserito che attraversa ossequiosamente lo squallore della propria sopravvivenza quotidiana
e dall’altra il gabbiano senza più neanche l’intenzione del volo perché ormai il sogno si è rattrappito.
Due miserie in un corpo solo.

2 giugno 2009

Magari (magari) ti interessa

"E - vi preghiamo - quello che succede ogni giorno
non trovatelo naturale.
Di nulla sia detto: è naturale
in questo tempo di anarchia e di sangue,
di ordinato disordine, di meditato arbitrio,
di umanità disumanata,
così che nulla valga
come cosa immutabile".

Ecco, io lo trovo molto bello. O forse importante, non bello. Lo ha scritto Brecht, nel 1930, che per lui (e un po' per tutti) era proprio un periodaccio. E mi ha ricordato le streghe del Macbeth quando all'inizio, proprio nelle prime righe, saltellano tra tuoni e lampi declamando "Fair is foul, foul is fair" - con tono possibilmente tra il concitato e il gracchiante -. E tutta quella storia dell'ordine politico che si riflette sull'ordine del creato e che, in sostanza, se rinchiudi dei bambini nella torre di Londra perchè la loro esistenza ti infastidisce, ci sta anche che la civetta canti di giorno (ma questo non c'entra, anzi, c'entra, ma è un altro plot).
Sì insomma, magari ti interessava sapere che sei autorizzato a trovare innaturale anche ciò che sembra essere diventato la regola.
...
...
Rettifico: non è che tu sia proprio autorizzato, però se ci fai un pensierino, possibilmente in silenzio e senza testimoni, non credo possa succederti niente.



(Ah, si intitola "L'eccezione e la regola", l'opera di Brecht)